Lo sguardo sicuro, l'espressione astuta, la rinomata caparbia. Non lo si direbbe, a vederla così, che persino Angela Merkel sia di quella categoria che – a detta del nostro presidente del consiglio – prende decisioni sull'onda delle emozioni. Eppure dev'essere così se è vero che a poco più di due mesi dalla catastrofe di Fukushima la Germania è da questa mattina la prima potenza europea a rinunciare del tutto al nucleare.
La notizia è arrivata alle prime ore dell'alba. Dopo un lungo vertice con la coalizione di governo e una serie di consulti con l'opposizione e rappresentanti della chiesa, delle associazioni e della società civile è giunta infine la decisione, annunciata dal ministro dell'ambiente Norbert Roettgen: tutti i reattori tedeschi saranno disattivati in via definitiva entro il 2022.
La Germania conta ad oggi 17 reattori. Di questi, gli otto più vecchi sono già stati scollegati dalla rete di produzione dell'energia elettrica e non verranno riattivati. Altri sei saranno disattivati entro il 2021, gli ultimi tre nell'anno successivo, il 2022 appunto. Poi niente più energia atomica in Germania. Un solo reattore sarà tenuto in stand-by, ma solo nel caso di emergenze e black-out. I costi di riconversione, stimati in 40 miliardi di euro, saranno aiutati dal mantenimento della tassa sulla produzione di energia atomica.
E per il fabbisogno energetico? Il nucleare tedesco produceva fino al 1998 circa il 33 per cento dell'energia. Poi, il cosiddetto 'addio dolce all'atomo' voluto in quell'anno da Gerard Schroeder portò la percentuale in una decina d'anni al di sotto del 20 per cento. Al cambio di mandato la nuova cancelliera Angela Merkel si mostrò al principio piuttosto favorevole al nucleare – fu accusata da molti di subire eccessivamente l'influenza delle lobby dell'atomo – riportando la produzione nucleare a circa il 22 per cento del totale. Ma il disastro di Fukushima, e l'ascesa inarrestabile del partito antinuclearista dei Verdi (ormai stabilmente il primo partito di opposizione, secondo alcune statistiche il primo partito in assoluto) deve averle scrollato di dosso – emotivamente, s'intende – persino ogni profonda convinzione.
Il piano prevede che siano le energie rinnovabili a prendere il posto delle centrali. Già adesso la Germania, il paese più industrializzato d'Europa, copre il 23 per cento del proprio fabbisogno energetico grazie a fotovoltaico, eolico, biomasse e simili. Fra il 2020 e il 2030 le rinnovabili arriveranno al 70-80 per cento.
La svolta della Germania fa esultare il comitato referendario 'Vota sì per fermare il nucleare'. Quella tedesca, si legge in una nota, è una “lezione magistrale per chi continua a sostenere, anche di fronte alla sciagura di Fukushima, l’ineluttabilità dell’atomo. [...] Il futuro – conclude il comitato – è altrove: nelle energie pulite, nell’efficienza. Parole che il governo in Italia conosce poco e frequenta ancor meno”.
Già, perché bando alle emozioni e in controtendenza rispetto al mondo intero l'esecutivo italiano è ben deciso a proseguire sulla strada atomica appena intrapresa. Venerdì il ministro dello Sviluppo Economico Paolo Romani ha ribadito all'assemblea annuale di Confindustria la convinzione del governo che “la scelta nucleare sia la più corretta per un Paese industrializzato come il nostro”.
Poco importa se ancora oggi in Italia si debbano fare i conti con le scorie prodotte in quel ventennio che è durata la nostra avventura nucleare. A questo proposito consiglio a tutti di guardare attentamente il video qui sotto. È un intervento di Ulderico Pesce, attore teatrale lucano da sempre impegnatoi in battaglie contro il nucleare, presso il presidio di qualche giorno fa organizzato dai comitati referendari sotto Montecitorio, in occasione dell'approvazione del decreto Omnibus.
La notizia è arrivata alle prime ore dell'alba. Dopo un lungo vertice con la coalizione di governo e una serie di consulti con l'opposizione e rappresentanti della chiesa, delle associazioni e della società civile è giunta infine la decisione, annunciata dal ministro dell'ambiente Norbert Roettgen: tutti i reattori tedeschi saranno disattivati in via definitiva entro il 2022.
La Germania conta ad oggi 17 reattori. Di questi, gli otto più vecchi sono già stati scollegati dalla rete di produzione dell'energia elettrica e non verranno riattivati. Altri sei saranno disattivati entro il 2021, gli ultimi tre nell'anno successivo, il 2022 appunto. Poi niente più energia atomica in Germania. Un solo reattore sarà tenuto in stand-by, ma solo nel caso di emergenze e black-out. I costi di riconversione, stimati in 40 miliardi di euro, saranno aiutati dal mantenimento della tassa sulla produzione di energia atomica.
E per il fabbisogno energetico? Il nucleare tedesco produceva fino al 1998 circa il 33 per cento dell'energia. Poi, il cosiddetto 'addio dolce all'atomo' voluto in quell'anno da Gerard Schroeder portò la percentuale in una decina d'anni al di sotto del 20 per cento. Al cambio di mandato la nuova cancelliera Angela Merkel si mostrò al principio piuttosto favorevole al nucleare – fu accusata da molti di subire eccessivamente l'influenza delle lobby dell'atomo – riportando la produzione nucleare a circa il 22 per cento del totale. Ma il disastro di Fukushima, e l'ascesa inarrestabile del partito antinuclearista dei Verdi (ormai stabilmente il primo partito di opposizione, secondo alcune statistiche il primo partito in assoluto) deve averle scrollato di dosso – emotivamente, s'intende – persino ogni profonda convinzione.
Il piano prevede che siano le energie rinnovabili a prendere il posto delle centrali. Già adesso la Germania, il paese più industrializzato d'Europa, copre il 23 per cento del proprio fabbisogno energetico grazie a fotovoltaico, eolico, biomasse e simili. Fra il 2020 e il 2030 le rinnovabili arriveranno al 70-80 per cento.
La svolta della Germania fa esultare il comitato referendario 'Vota sì per fermare il nucleare'. Quella tedesca, si legge in una nota, è una “lezione magistrale per chi continua a sostenere, anche di fronte alla sciagura di Fukushima, l’ineluttabilità dell’atomo. [...] Il futuro – conclude il comitato – è altrove: nelle energie pulite, nell’efficienza. Parole che il governo in Italia conosce poco e frequenta ancor meno”.
Già, perché bando alle emozioni e in controtendenza rispetto al mondo intero l'esecutivo italiano è ben deciso a proseguire sulla strada atomica appena intrapresa. Venerdì il ministro dello Sviluppo Economico Paolo Romani ha ribadito all'assemblea annuale di Confindustria la convinzione del governo che “la scelta nucleare sia la più corretta per un Paese industrializzato come il nostro”.
Poco importa se ancora oggi in Italia si debbano fare i conti con le scorie prodotte in quel ventennio che è durata la nostra avventura nucleare. A questo proposito consiglio a tutti di guardare attentamente il video qui sotto. È un intervento di Ulderico Pesce, attore teatrale lucano da sempre impegnatoi in battaglie contro il nucleare, presso il presidio di qualche giorno fa organizzato dai comitati referendari sotto Montecitorio, in occasione dell'approvazione del decreto Omnibus.
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